Ottobre 22, 2025

Negli ultimi decenni, il dibattito sul cambiamento climatico è diventato uno dei temi centrali nelle agende politiche, mediatiche e scientifiche. Tuttavia, diversi studi e pubblicazioni recenti sollevano dubbi sull’interpretazione dominante che attribuisce quasi esclusivamente all’anidride carbonica (CO2) la causa del riscaldamento globale.

Le discrepanze nei dati sul riscaldamento globale

Secondo gli studi riportati nel libro La Grande Bugia Verde, i dati satellitari mostrano che l’aumento delle temperature degli ultimi decenni sarebbe stato sovrastimato di circa il 30% rispetto alle rilevazioni terrestri. Una parte della differenza sarebbe spiegata dal cosiddetto effetto “isola di calore urbano”, che falserebbe le misurazioni delle stazioni meteorologiche situate in aree oggi urbanizzate.

Ghiacci polari e livello dei mari

Le ricerche evidenziano inoltre che i ghiacci artici e antartici non si stanno sciogliendo in maniera uniforme. Anzi, dal 2018 i ghiacci artici hanno mostrato segnali di espansione, mentre quelli antartici risultano in crescita dal 1979. Anche i timori sul rapido innalzamento dei mari vengono messi in discussione, così come l’idea che i disastri naturali siano aumentati a causa del riscaldamento globale.

Sole o anidride carbonica?

Uno degli aspetti più dibattuti riguarda la vera causa del riscaldamento: CO2 o attività solare? Numerosi dati storici mostrano che non sempre vi è una correlazione tra concentrazione di anidride carbonica e temperature globali. Al contrario, diversi scienziati collegano l’andamento del clima al ciclo delle macchie solari, che influenzano il vento solare, la radiazione cosmica e, di conseguenza, la formazione delle nuvole.

CO2: inquinante o risorsa?

Un punto cruciale riguarda la percezione della CO2. Lungi dall’essere solo un “nemico”, essa rappresenta un elemento fondamentale per la fotosintesi e quindi per la crescita vegetale. Esperimenti dimostrano che un aumento della concentrazione di anidride carbonica migliora la produttività delle colture, rendendo le piante più resistenti e capaci di trattenere meglio l’acqua.

I costi della decarbonizzazione

L’Accordo di Parigi e le politiche di “neutralità climatica” impongono investimenti enormi, che alcuni studi stimano in migliaia di miliardi di dollari l’anno per l’Unione Europea. Critici come Bjorn Lomborg sostengono che, a fronte di costi così alti, la riduzione della temperatura globale sarebbe minima, mentre le conseguenze economiche potrebbero essere devastanti.

Una questione politica e culturale

La narrazione dominante sul cambiamento climatico rischia di trasformarsi in un dogma ideologico, in cui ogni fenomeno naturale viene attribuito al riscaldamento globale. Secondo gli autori critici, questa visione serve più a giustificare politiche costose e restrittive che a risolvere realmente i problemi ambientali. Una riflessione più equilibrata dovrebbe considerare il ruolo del sole, la complessità del ciclo del carbonio e i vantaggi di un approccio pragmatico alla sostenibilità.